Sapete, un attore che vive di luci della ribalta, quando queste si spengono e torna nel buio della vita al di fuori del palcoscenico, qualcosa dentro muore ogni volta. Spesso mi chiedo se sia lo stesso anche per un calciatore.

Perché alla fine vi è in questi due mestieri una cosa molto simile che li accomuna: l’applauso del pubblico. Tutto si fa quasi a favore di ciò che esiste al di là di quella quarta parete che divide il palcoscenico dagli spettatori, per un giocatore tutto si fa per quel dodicesimo uomo in campo, il tifoso.

Credo che Felipetto Anderson abbia nove, o sette a seconda della leggenda, vite come i gatti. Ogni suo eclissarsi è seguito poi da un ritorno in grande spolvero con la fanfara. Ogni sua debacle, ci prepara inevitabilmente a ritrovare in campo il brasiliano.

Lui è sempre stato così: dottor Jekyll e mister Hyde, il fenomeno contro la sufficienza di chi gioca a pallone senza infamia sì, ma anche senza lode.

Lo strano caso del Dottor Jekyll ed il Signor Hide, il celebre romanzo di Stevenson narrava la storia di un uomo sdoppiato tra bene e male, in un continuo altalenarsi tra le due personalità senza che mai nessuna prendesse sull’altra il totale sopravvento.

Dalla letteratura al calcio, dal calcio a Formello, Felipe Anderson quello “strano caso”: da fenomeno ad incognita, dopo esser stato paragonato dai nostalgici addirittura a Vincenzo D’Amico. Tanto imprescindibile e portato alle luci della ribalta, quanto evanescente.

Top e flop i due volti della stessa maglia sembrano convivere nel brasiliano ed è come se quel ragazzo meraviglioso e miracoloso, ogni tanto si addormenti. Sembra smarrito: Felipetto non si diverte! Eppure il popolo laziale non smette di crederci e tra spalti e poltrone, ad ogni suo ingresso in campo qualcuno dice: ” adesso succede qualcosa!”.

Una storia che oramai sembra tristemente nota di tanti baby fenomeni portati alla gloria troppo in fretta e poi bruciati dai quei riflettori della ribalta. Ma il calcio questo esige: esige la giovinezza quasi ne fosse ossessionato. Il calcio dà e toglie e non aspetta i “potenziali” campioni. Lui “potenziale” non lo è da tempo, ma da tempo le sue prestazioni sono altalenanti.

I limiti del carattere son stati noti dall’inizio, Felipe vola ad alta quota e poi si schianta. Prima di Stefano Pioli non lo aveva notato nessuno, perchè se ha un difetto questo ragazzo, è forse quello di farsi mettere in ombra dalle personalità più forti. Un carattere che pare spesso troppo timido che lo limitò all’inizio della sua avventura romana, un carattere che non va d’accordo col suo talento.

Ma questo ragazzo non è una meteora, è una stella di prima grandezza. Felipe Anderson non è stato un fuoco di paglia, non è stato solo uno baciato dalla fortuna, perchè quella ti può assistere una volta, due al massimo.

I due volti del talento: se da una parte esiste il brasiliano classico impresso nell’immaginario collettivo, dall’altra convive l’assoluta mancanza.

Il carisma, il carattere, non te lo insegnano a scuola calcio, come il talento stesso: o ce l’hai o non ce l’hai.

Posso capire lo “stanco” della gente, l’irrequietezza nel pretendere da uno che a pallone cavolo, certo che ci sa giocare!

Tutti o se non proprio tutti, ma il 90% dei tifosi laziali ama Lulic. 26 maggio a parte, fingiamo non sia mai accaduto. Dove nasce l’amore per Senad? È un fuoriclasse? No. È un assoluto campione? Neanche. Possiede un qualcosa che non si impara da nessuna parte al mondo: è un combattente, non molla mai. Non è un “brasiliano” ma in quel momento crede di esserlo e ci prova fino alla fine. Questo ama la gente di Senad Lulic!

Ecco, questo la gente non amerà mai di Felipetto.

Come però si torna nel buio quando i riflettori si spengono, si può tornare sotto le luci della ribalta più attori di prima!

 

 

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